Smart working: tra opportunità da cogliere e ricadute psicologiche da evitare

Nonostante la loro crescente diffusione su scala mondiale, resa necessaria dalla pandemia da Covid-19, lo smart working e il telelavoro sono ancora al centro di un dibattito aperto che ne mette in luce i vantaggi e le opportunità ma anche le incognite e le insidie.

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) hanno infatti lanciato un chiaro allarme: il lavoro da remoto può aumentare il rischio di isolamento sociale e di depressione. Condurre una vita più sedentaria e priva di relazioni interpersonali può inoltre portare all’adozione di cattive abitudini alimentari e al consumo eccessivo di alcol e fumo. Senza contare che trascorrere troppe ore davanti al computer, con orari di lavoro irregolari e dilatati, influisce negativamente sull’umore e sul sonno.

Come afferma Maria Neira, direttore del dipartimento per Ambiente, cambiamenti climatici e salute dell’Oms, «nei due anni di pandemia è diventato chiaro che il telelavoro può portare benefici, ma può anche avere un impatto terribile sulle persone. Il modo in cui oscilla il pendolo dipende dal modo in cui governi, datori di lavoro e lavoratori riescono a collaborare per realizzare politiche e azioni pratiche a beneficio sia dei lavoratori che del lavoro».

Con una gestione equilibrata infatti, secondo il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, lo smart working è – potenzialmente – anche una grande occasione e uno spunto «per ripensare le nostre città, il rapporto tra lavoro e tempo libero, tra periferie e centro».

La comodità di poter gestire autonomamente i ritmi lavorativi, azzerando inoltre i tempi per gli spostamenti fisici da e verso l’ufficio, è però controbilanciata da risvolti negativi: la perdita di aspetti fondamentali come il confronto con i colleghi e la partecipazione diretta alla vita dell’azienda rischiano di creare una sensazione di solitudine, aumentando stati d’ansia e frustrazione nel lavoratore, con conseguenze psicologiche non indifferenti e compromissione delle capacità relazionali e delle competenze collaborative.

Se si riscontrano sintomi come irritabilità improvvisa, frequenti sbalzi di umore, difficoltà di concentrazione, tensioni muscolari diffuse e insonnia, probabilmente si sta verificando quella che gli esperti chiamano “smart working fatigue”, una condizione di forte stress, ansia e insoddisfazione generalizzata.

Secondo la psicologa del lavoro Biancamaria Cavallini, chi lavora a distanza per lunghi periodi può, ad esempio, «vedere aumentare il tempo dedicato al lavoro, avere difficoltà a darsi limiti e pause, sperimentare spossatezza e fatica digitale», continuando inoltre a pensare alle attività lavorative anche nel tempo libero. «Diventa pertanto fondamentale ascoltarsi, per comprendere come ci si sente – afferma la dott.ssa Cavallini – e valutare se possa essere d’aiuto affidarsi a dei professionisti che, come gli psicologi, possono essere di supporto per ritrovare il proprio equilibrio».

 

ALCUNE INDICAZIONI GENERALI PER GESTIRE CORRETTAMENTE IL LAVORO DA CASA

Per le aziende: organizzare attività di formazione ad hoc, mettere a disposizione dei dipendenti gli strumenti idonei, fornire assistenza per la risoluzione di eventuali problematiche tecniche, incoraggiare momenti di aggregazione – anche se virtuali – come riunioni telefoniche e videoconferenze.

Per il lavoratore: creare una postazione di lavoro comoda e ben illuminata, assumere una postura corretta, concedersi le giuste pause, mantenere contatti interpersonali e momenti di condivisione con i colleghi. Importante anche non trascurare le relazioni sociali per combattere il senso di solitudine. Adottare infine dei rituali che aiutino a scandire la giornata, separando nettamente il tempo dedicato al lavoro dal tempo libero: assolutamente da evitare, ad esempio, il pranzo davanti al computer e il lavoro serale.

 

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